Il progresso tecnologico degli ultimi anni è una cosa impressionante; è sotto gli occhi di tutti, non bisogna essere tecnici per capirlo. Questo spesso si è tradotto in una strategia commerciale molto aggressiva che ha portato chiunque ad essere un ghiotto consumatore hi-tech. Si potrebbe stare una giornata a parlare delle conseguenze di questo marketing mixato con l’esasperazione di offerta dell’elettronica, ma oggi voglio parlare solo dell’aspetto che ha riguardato riguarda la stampa, intesa come azienda tipografica. C’era una volta la stampa, c’erano una volta i caratteri di piombo, c’erano una volta le piccole tipografie. Oggi tutto ciò non esiste più, la stampa offset è in piena crisi esistenziale e combatte quotidianamente con il digitale, le piccole tipografie sono state annullate da un pezzo e le medie stanno facendo le equilibriste sull’orlo della morte (cit.). Ormai esistono le industrie o il nulla. Bianco o nero. È un destino crudele, cinico ma è così. Siamo arrivati a questo perché non tutti hanno avuto la lungimiranza e/o la possibilità di convertire o di ingrandire il proprio business, molti hanno fatto finta di niente ed oggi sono disperati. Ma è davvero tutto perduto? Forse no. Qualcosa si sarebbe potuto dovuto fare, forse ancora qualcosa si può fare. Primo: smetterla di essere dei fondamentalisti offset cercando di sostenere che la qualità dell’offset è impareggiabile, semplicemente perché non è vero. Secondo: diversificare l’offerta. È impossibile pensare di mettersi in competizione con le industrie tipografiche tedesche che hanno centinaia di migliaia di commesse al giorno. Terzo: fare poche cose, ma esclusive, mirate, e in un modo difficilmente riproducibile da altri. Quarto: affiancate una digitale alla monocolore anni 70, se ne trovano a prezzi decenti. Credetemi, è un buon punto di partenza, ne riparliamo.